A Roma si muore da soli - Enrica Aragona
È quasi impossibile spiegare Roma a chi non la vive. I suoi ritmi caotici, la costante sensazione di camminare sull’orlo di una catastrofe, l’andirivieni di persone e imprevisti. Nel periodo delle festività tutto si amplifica, ogni singolo aspetto della giornata assume contorni deliranti. Inutile cercare di far quadrare appuntamenti, orari, progetti. Ed è proprio durante il periodo delle festività natalizie che la commissaria Nadia Montecorvo, protagonista di “A Roma si muore da soli”, pubblicato da Newton Compton, si trova ad affrontare un caso intricato. Il romanzo si svolge nell’arco di nove giorni, e già questo tempo serrato è un indizio sufficiente per far comprendere al lettore che sta per entrare in una spirale vorticosa.
A proposito di indizi… chi scrive conosce molto bene l’autrice e parlare dell’opera di un autore che si conosce personalmente è sempre molto complicato, così come complicato è scrivere la recensione di un poliziesco senza anticipare nulla o peggio cadere nello spoiler. Per risolvere questi tre problemi, in questa recensione vi parlerò della penna dell’autrice, Enrica Aragona. E lo farò attraverso la lente della tecnica, dello stile, e del talento.
Iniziamo dalla tecnica. Enrica Aragona è una giallista nell’anima: scrivere giallo per lei significa rispettare quelli che sono i canoni del genere. E in questo romanzo non si risparmia, in quanto a tecnica: non soltanto nella cura dei dettagli, nella verosimiglianza dei metodi investigativi e delle procedure, nella caratterizzazione dei personaggi mai banali. Ogni cosa quadra, non v’è l’ombra di scappatoie da deus ex machina e quando un addetto ai lavori scruta tra le righe non storce mai il naso. Scusate se è poco. Quindi, se desiderate un romanzo ben lontano dalle edulcorate serie TV alla Don Matteo (non me ne voglia il sempre figo Terence Hill), “A Roma si muore da soli” è il romanzo che fa per voi.
Ma un buon romanzo non è solo ossatura, è anche stile di scrittura. Se è vero che ogni storia è già stata scritta, è il come la si scrive a fare la differenza. Ed Enrica Aragona ha una penna graffiante, una voce unica, un modo peculiare di scavare nelle emozioni del lettore. A partire dall’animo della sua protagonista: se l’autrice ha un’anima gialla, la protagonista ha un’anima nera, sporcata in via definitiva da quello che, volgarmente, gli addetti ai lavori chiamano ghost. Inseguire un assassino mentre un mostro insegue noi… roba brividi fino all’ultimo capitolo. Quando finalmente il mostro avrà un nome e un cognome. Del tutto inaspettati.
E questo ci porta al Talento. Se c’è una cosa che nessuna scuola di scrittura può insegnare, è proprio il talento. Ed Enrica Aragona ne ha da vendere, in ogni cosa che scrive.
Credo di aver centrato il punto di questa recensione, senza dirvi una sola parola dei suoi personaggi, dell’assassino, dell’omicidio: questo dovrete scoprirlo da voi, diventando a vostra volta investigatori, incollati dalla prima all’ultima pagina.
E poi aspettare con ansia il capitolo due… che arriverà in libreria tra brevissimo!
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